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martedì 8 gennaio 2013

RECENSIONE DI THE ELEPHANT MAN

di David Lynch
Chi conosce Lynch e il suo cinema, tenebroso e mistico, spesso fatto di film senza una trama
coglibile ma costituiti di puri impatti visivi e sonori, guardando "The elephant man" rimarrà sorpreso dal fatto che è completamente fuori dai canoni tipici del regista statunitense.
Questa volta la trama c'è, eccome, ed è basata sulla storia vera di Joseph Carey Merrick, vissuto in Inghilterra fra il 1862 e il 1890 e affetto da una gravissima malattia chiamata "sindrome di Proteo", che gli afflisse gravi deformità dalla nascita.
Per questo, fu soprannominato "l'uomo elefante".
Merrick (John Hurt) è trattato, a causa del suo corpo così strano e spaventoso alla vista, come un fenomeno da baraccone in uno spettacolo di strada gestito dal costantemente ubriaco Bytes. 
Qui, Merrick, che veste un cappuccio in modo da coprire le deformità del viso, viene visto dal dottor  Frederick Treves , l'unico che mostri interesse per il suo caso e a provare per Merrick umanità, che lo porta nel suo ospedale, dove continua la discriminazione nei confronti di Merrick, chiuso in quarantena per non essere cacciato dal direttore, che non accetta malati incurabili nel suo ospedale: Merrick viene seguito da una delle infermiere di Treves, e lo stesso Treves, per dimostrare che il suo cervello, nonostante tutto, è funzionante, insegna a Merrick a dire alcune parole.
Qui si vede per la prima volta il vero volto di Merrick, senza cappuccio.
Il caso di Merrick prende piede, arrivando a interessare aristocratici, compagnie teatrali e persino la Regina Vittoria, che si impegna a finanziare le sue cure: nel frattempo, Treves rimane sempre più colpito dalla sensibilità di Merrick, e decide di presentarlo a sua moglie, in un incontro commovente, in cui Merrick parla ad Anne Treves di sua madre.
Un guardiano dell'ospedale inizia a far visitare la stanza di Merrick a prostitute e alcolisti, fra cui c'è anche Bytes, che decide di reimpossessarsi del suo fenomeno da baraccone, l'uomo elefante.
Merrick è di nuovo utilizzato come spettacolo, poi, stremato e inerme, viene rinchiuso in una gabbia, da cui riesce a fuggire grazie all'aiuto di un gigante e di un gruppo di nani. Merrick ritorna in Inghilterra, a Londra, dove è inseguito da un gruppo di ragazzini; nella fuga urta una bambina, causando l'ira dei presenti, che lo inseguono. Merrick si rifugia in una toilette, dove sviene stremato.
Treves, aiutato da Scotland Yard, si mette sulle tracce di Merrick, riuscendo a riportarlo in ospedale: i dottori capiscono che la vita di Merrick è ormai alla fine. Merrick viene accolto calorosamente ad uno spettacolo teatrale dove è invitato dalla signora Treves, dopodichè ringrazia il dottor Treves per tutto quello che ha fatto per lui (chiamandolo ripetutamente "amico"), e si sdraia supino sul suo letto, togliendo i cuscini che facevano da sostegno al suo corpo. Merrick è perfettamente coscente che questa scelta lo porterà alla morte per soffocamento.
Il film ricevette otto nomination a premi Oscar nel 1981, senza però vincerne nessuno.
La regia è una delle più riuscite di Lynch, e l'interpretazione di Hurt e di Hopkins è straordinaria: il film è capace di commuovere come pochi altri, e si distingue per la profondità e il pathos di alcune scene indimenticabili.
Da vedere, assolutamente.

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