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martedì 8 gennaio 2013

RECENSIONE DI DRIVE

di Nicolas Winding Refn
  
E' uscito in Italia solo da tre settimane, ma sta avendo un enorme successo: si tratta di "Drive", film del regista danese Nicolas Winding Refn, tratto dal romanzo omonimo di James Sallis del 2005.
Il film è stato recensito positivamente da gran parte delle critiche cinematografiche di tutto il mondo, e ha vinto il premio per la miglior regia al Festival di Cannes di quest'anno.
Il protagonista del film, di cui non si dice mai il nome, è Ryan Gosling, già attore, fra gli altri film, ne "Le pagine della nostra vita" e "Il sapore della vittoria": Gosling è -perfettamente- calato nella parte di un personaggio di quelli che faranno tendenza, sullo stile dei personaggi interpretati a volte ad esempio da James Dean. Poche parole, stessi guanti, stessa giacca e stesse scarpe per tutta la durata del film, atteggiamento imperturbabile. Gosling è un pilota che guadagna da vivere facendo lo stuntman ad Hollywood e lavorando in un'officina dove ha anche un grande rapporto di amicizia col suo datore di lavoro, Shennon (Bryan Cranston). La prima scena del film fa subito capire che il protagonista ha avuto anche rapporti con la malavita, e ha sfruttato le sue doti di grande pilota per organizzare fughe dopo i furti. Ma non ha mai fatto male a una mosca.
L'Autista si è appena trasferito a Los Angeles, dove incontra la sua vicina di casa: praticamente è colpo di fulmine, ma non dichiarato. Irene (Carey Mulligan) ha un figlio piccolo, Benicio, e un marito in carcere, Standard. Gosling allora decide di passare il suo tempo ad aiutare Irene e il bambino, con cui stringe due rapporti di forte amicizia. Nel frattempo, Benicio viene liberato: giura di aver chiuso con la malavita, ma Gosling lo trova sanguinante in garage pochi giorni dopo. Alcuni uomini lo avevano malmenato dopo che Standard aveva rifiutato di compiere una rapina per saldare un vecchio debito coi loro boss, giurando che le prossime vittime sarebbero state proprio Irene e Benicio. Allora, l'autista e Standard, diventati nel frattempo amici, organizzano una rapina, l'ultima per entrambi, con cui saldare i debiti e chiudere definitivamente la storia. Ma questa va male, e Standard viene ucciso dagli scagnozzi del boss creditore all'uscita del negozio. L'Aautista scappa col denaro: da qui, si scatena la fame di vendetta del protagonista, che non punta a tenersi il bottino della rapina (tanto che da subito se ne vorrebbe sbarazzare) ma soltanto a fare giustizia sull'ingiusta morte di Standard, che ha rovinato la vita di Irene e Benicio. La durezza delle immagini che seguono da questo momento in poi può far pensare a un film che punta solo sul sangue e sulla violenza per fare incassi, ma a me "Drive" è parso molto di più: la psicologia profonda del personaggio dell'autista fa riflettere, ed è affidata ad una frase pronunciata da Benicio in un momento del film che apparentemente passa inosservato, mentre guarda la tv: "non esistono squali buoni".
Lascio a voi la visione, ve lo consiglio davvero: all'inizio pensavo si trattasse di un'americanata o di qualcosa di simile, di un film basato su storie storpiate di famiglie mafiose che lottano fra di loro come molti altri. La componente violenta c'è -il film è uno dei più duri che abbia mai visto- sicuramente, ma non bisogna soffermarsi soltanto su questa. La scelta della musica, i tempi che si spezzano all'improvviso nell'andatura generale veloce del film, le interpretazioni rendono il film da vedere assolutamente, magari al cinema dove l'effetto sonoro rende molto di più.
 

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