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martedì 8 gennaio 2013

RECENSIONE DI SHAME

Recensione di "Shame"

"Shame" (la vergogna) è un film di Steve Mc Queen che ha partecipato all'ultimo festival di Venezia e che è da poco uscito nelle sale italiane. Il tema principale del film è la dipendenza sessuale e tutte le problematiche che ad essa connesse: il protagonista, Brandon, è talmente dipendente dal sesso da rifiutare qualsiasi vero legame affettivo, finendo per cadere in una profonda crisi interiore.

La trama del film è tutto sommato semplice, anche se spesso svelata tramite la sovrapposizione di piani temporali. Brandon è uno fra gli otto milioni di newyorkesi, tuttavia ci si accorge fin dalle prime scene della sua quasi inumana freddezza e della sua cura maniacale del corpo (tanto che le prime scene lo ritraggono nudo a percorrere gli stessi passi e ad ascoltare impassibile lo stesso messaggio supplichevole di una delle sue donne, il tutto accompagnato da un inesorabile ticchettio di sottofondo). La vita di Brandon si riduce al sesso e al lavoro, necessario a non dipendere da nessuno e a non essere schiacciato in un angolo. Avere un tale bisogno sessuale comporta anche l'esigenza di continui nuovi stimoli, e perciò di nuove amanti in continuazione.

Il meccanismo ben collaudato secondo cui aveva vissuto Brandon, una sera si inceppa. Ad accoglierlo nel suo appartamento dopo un giorno di lavoro, è una, musica inquietante e la presenza di qualcuno. Afferrata una mazza da baseball, Brandon entra in bagno, dove trova e spaventa a morte la sorella. Lei (Sissy) è una ragazza sbandata, che vive grazie alla sua voce (fa la cantante) e ha bisogno di un posto dove stare per qualche giorno. Fin da subito il loro rapporto si rivela pessimo: lui la considera invadente, disordinata e parassita, mentre lei lo vede scorbutico e alienato. Brandon appare estremamente duro nei confronti di Sissy, trattandola come egli tratta qualsiasi altra donna e rifiutandosi di aiutarla anche quando supplicato. In realtà, in poche occasioni, il protagonista sembra accorgersi dell'insensatezza di tale durezza: lo fa commuovendosi sentendo la sorella cantare, lo fa gettando via tutte le sue riviste pornografiche, lo fa correndo disperatamente per salvare la sorella; tuttavia sembra sempre troppo tardi, non abbastanza per una vera conversione.
L'unica speranza, a mio avviso, è data dalla scena finale: ripresentatasi la stessa situazione dell'inizio (Brandon in metrò che scambia occhiate con una ragazza attraente di fronte a lui), invece che inseguirla fino a farla scappare via, questa volta la guarda fissa negli occhi, aspetta che lei si alzi e, senza muoversi, la lascia scendere e disperdersi tra la folla metropolitana.

Guardare un film così non è semplice. Lo spettatore compie un viaggio completo all'interno dell'anima del personaggio, osservandolo pisciare, godere, correre, provocare e soffrire. Ma è proprio questa la grandezza del film: mostrare e far sentire addosso anche le cose di cui ci si vergogna, di cui non si vorrebbe parlare. Musiche e immagini vogliono rappresentare al massimo la parte più carnale e sotterrata dell'uomo, soffermandosi sulla doppiezza che viene a crearsi da ciò e sul dolore che tale spaccatura può provocare.
Il messaggio che ne ho tratto io è che il sesso così inteso, cioè unicamente diretto al piacere materiale, non solo è triste di per sè, ma può avere anche ripercussioni negative sugli altri e su sè stessi. Ci vedo, dunque, anche una critica estendibile alla società attuale, la quale purtroppo non esita a proporci esempi di persone d'accordo a vendere il proprio corpo per ambizione, anzi.


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