Ci avviciniamo alla fine dell'anno e come l'anno scorso stileremo la classifica dei migliori album dell'anno. Ma, com'è giusto che sia, va dedicato un pò di tempo anche alla recensione cd per cd di alcuni lavori del 2012. Per motivi di diversa natura, il blog è rimasto "chiuso" fino ad oggi, chissà che non si possa ricominciare a lavorare con continuità ora!
Ma andiamo al punto: il 23 aprile esce Blunderbuss, primo disco solista dell'ex leader dei White Stripes e poi membro di The raconteurs e The dead weather. Dalle prima note della prima canzone, "Missing pieces", abbiamo un quadro praticamente completo dell'album: il blues e il rock si fondono in una rara precisione di suoni e di atmosfere, che rendono subito Blunderbuss un disco da ascoltare e riascoltare.
L'anima ledzeppeliniana di White trasuda in ogni canzone, anche se sfiorando soltanto lo stile della storica band.
La copertina
Ma tutto o quasi rimanda agli anni settanta, compreso il suono, vintage come è d'uopo per White. Tredici pezzi, che variano dai più aggressivi e sporchi come "Sixteen saltines" e "Trash tongue talker" ai più sognanti e leggeri come "Love interruption" (unico singolo estratto dall'album), la title track "Blunderbuss", la conclusiva "Take me with you when you go". Come ha detto lo stesso Jack White, le canzoni potevano essere prodotte solo a suo nome, ed è per questo che il musicista di Detroit ha fatto ricorso alla pubblicazione di un cd solista. E, almeno al mio orecchio, l'album suona come uno dei più ispirati degli ultimi anni; pochi sono i compromessi con il virtuosismo, che in generale non fa parte della produzione di White, e tutto il cd sembra riuscire a dire esattamente quello che vuole e uscire dalla mente e dalla penna del compositore senza filtri esterni. Ci si può emozionare, si può ballare, ci si può arrabbiare, si può sognare, tutto in tre quarti d'ora di album. Blunderbuss è anche un album che appare nostalgico, nostalgico di un periodo musicale che è svanito, quello di passaggio tra la fine degli anni sessanta e l'inizio degli anni settanta, appunto il periodo in cui il blues abbracciava il rock. Ci voleva un album di questo tipo, che facesse rivivere quelle atmosfere, in maniera nostalgica, ma senza cadere nel ridontante. Insomma, come si sarà acapito, nella mia personale classifica Blunderbuss si candida a gran voce per il titolo di album dell'anno. Intanto, ne consiglio vivamente l'ascolto, dall'inizio alla fine, senza sosta, cosa facile da realizzare anche perché le canzoni scivolano via veloci una dopo l'altra, lasciandoti però sempre addosso qualcosa.Concludo lasciando il video del singolo, "Love interruption".
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