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giovedì 2 febbraio 2012

RECENSIONE DI "THE ROAD"

di John Hillcoat


The road è il quarto film di John Hillcoat, che continua la striscia di collaborazioni col cantautore australiano Nick Cave, che è stato con lui sceneggiatore e produttore delle colonne sonore.
Il film, che vanta un cast d'eccezione, Viggo Mortensen e Charlize Teron fra tutti, sembra a primo impatto il solito polpettone sulla fine del mondo, su morte e distruzione e su fine del genere umano. Ma, per una volta, è molto di più. Sono infatti molto sfumati i contorni della situazione della Terra rappresentata: una catastrofe non meglio identificata è avvenuta quattordici anni prima dell'ambientazione del film, e la Terra è ora abitata da pochissimi sopravvissuti, bande di cannibali e uomini disposti a tutto per tirare avanti. Il tutto in un ambiente grigio e desolato. Padre (Viggo Mortensen) e figlio (Kodi Smith-McPhee) camminano attraverso gli Stati Uniti per raggiungere la costa oceanica in cerca di clima migliore e cibo. Nel loro cammino trovano una riserva sotterranea di cibo e riescono a tirare avanti per un pò, salvo poi dover scappare. Si imbattono poi in un vecchio ormai prossimo alla morte per sfinimento, offrendogli cibo e compagnia per qualche giorno.  Si scontrano, ancora, con una banda di banditi, probabilmente cannibali, riuscendo a sfuggire.Ai due capita anche che un ladro rubi loro tutto quello che hanno; il padre riuscirà a catturare il ladro, lasciandolo in vita ma privandolo di tutto quello che ha.
Il finale del film vede il padre ormai moribondo, che spiega al figlio come cavarsela da solo in questa Terra desolata e inospitale, con come unico oggetto la sua pistola, con due colpi in canna. Il ragazzo trova un gruppo di sopravvissuti fra cui una donna (Charlize Teron) e si aggrega a loro.
Il film, come dicevo, appare all'inizio come una storia da fine del mondo, di guerra fra alieni e terrestri, di tempeste solari. Invece il fatto che non si spieghi cosa sia successo sulla Terra, che i personaggi non abbiano un nome, che l'ambientazione sia solo accennata da alcuni particolari e soprattutto che la trama sia priva di colpi di scena, tutto questo fa sì che il film sia in realtà una sorta di insegnamento morale, nella ricerca fra il bene e il male. I comportamenti di padre e figlio, in una situazione tale, si alternano fra rigidi e spietati e generosi e spensierati. Il padre cerca di insegnare al figlio come sopravvivere, in ogni situazione, e come fare per non farsi mangiare (ovviamente non solo nella realtà cannibale del film, ma anche metaforicamente) da ciò che lo circonda. Regole di sopravvivenza e regole di moralità, di ricerca del giusto.
La durata del film sfiora le due ore, ma scorre via facilmente: non ha grossi colpi di scena e l'ambientazione rimane grosso modo sempre la stessa (volutamente, per sottolineare un mondo tutto uguale e alla fine della sua esistenza), ma nonostante ciò non annoia mai.
E' un film estremamente interessante, forse non un capolavoro ma sicuramente, nel suo campo, innovativo: riesce a trasmettere messaggi tanto importanti trasversalmente, raccontando una storia che apparentemente c'entra poco, e senza cadere nel banale o nel retorico. Da vedere.
L'autore del libro da cui è tratto il film, Cormac McCarthy, è autore anche del libro Non è un paese per vecchi, da cui è stato tratto l'omonimo film recensito precedentemente sul blog.

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