Questo non è un blog
che di solito si occupa di sport. Ma vale la pena di ricordare un pilota, Dan
Wheldon, nato in Inghilterra 33 anni fa, che ha perso la vita facendo quello
che amava, correre. Se non altro, lo potremmo ricordare per il modo assurdo con
cui è morto: Wheldon ha partecipato alla gara sull'ovale di Las Vegas,
conclusiva della stagione, solo per una scommessa: Randy Bernard, patron della
categoria Indycar, gli ha offerto sul piatto un assegno di cinque milioni se
avesse vinto la gara da pilota non regolare, partendo dall'ultima posizione. I
cinque milioni sarebbero stati spartiti con uno spettatore estratto a sorte e
una raccolta fondi per la ricerca sull'Alzheimer, da cui è affetta la madre di
Wheldon. Dan ha scommesso tutto, arrivando a Las Vegas come per gioco, da
pilota plurititolato e riconosciuto fra i più validi al mondo, due volte
vincitore della 500 miglia di Indianapolis (2005 e 2011) e campione del mondo
IRL nel 2005. Ha scommesso tutto, e ha perso tutto.
L'incidente in cui ha
perso la vita l'inglese è stato il più terribile che si ricordi almeno
nell'ultimo decennio in gare automobilistiche: quindici vetture coinvolte, le
conseguenze potevano essere peggiori vista la dinamica. Le 34 vetture
partecipanti -troppe, per un ovale molto più piccolo di altri- erano tutte
vicine, e al dodicesimo giro si è scatenato il disastro: tre i piloti che sono
finiti all'ospedale oltre a Wheldon. La gara è stata subito interrotta fra le
lacrime degli altri partecipanti. Come nel 1999 a Fontana, quando la lotta per il
titolo mondiale si doveva decidere all'ultima gara, come domenica a Las Vegas,
e Greg Moore uscì di pista a 320 orari morendo sul colpo, la chiusura del
campionato è stata segnata da un dramma. Wheldon è volato in aria andando a
sbattere contro le barriere col casco.
Dan Wheldon lascia la
moglie e due figli piccoli, uno di due anni e uno di sette mesi. Onore a un
grande pilota, a un normale pazzo.
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