Non esistono le
parole adatte: tutte perdono inevitabilmente di valore e di significato appena
vengono pronunciate. Il motociclismo ha fatto un'altra vittima, e stavolta è
italiana: è Marco Simoncelli, ventiquattrenne, uno dei piloti del circus più
amati. L'Italia intera si è ritrovata sgomenta di fronte alla notizia giunta
questa mattina dal circuito di Sepang, in Malesia. Sic è scivolato, perdendo il
controllo della moto, ed è stato investito da Colin Edwars e Valentino Rossi.
Non è morto sul colpo, ma la ruota di Edwars che gli ha centrato il collo gli
ha staccato il casco e provocato un arresto cardiocircolatorio. Simoncelli è
rimasto a terra, inerte, senza casco, e si è capito subito quello che sarebbe
successo da lì a poco.
La dinamica,
praticamente identica a quella che l'anno scorso aveva ucciso a Misano
Adriatico Shoya Tomizawa, è agghiacciante, come le immagini dell'incidente.
Si potrebbe dire
"una morte ingiusta", o "era troppo giovane", o "non
se lo meritava", ma anche questi sono tutti luoghi inevitabilmente comuni.
La morte colpisce e falcia quando decide. E' morto, e non ha avuto neanche la
possibilità di donare i suoi organi come voleva suo padre, perchè è arrivato in
ospedale già in arresto cardiocircolatorio.
Supersic rimarrà
nella memoria di tutti, anche dei non appassionati, soltanto per la sua faccia
e per il suo modo di parlare, incredibilmente genuini e diretti. Il silenzio
prenda la sua posizione e ognuno viva il suo dolore, le parole possono bastare.
Marco
Nessun commento:
Posta un commento